Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro - Pavia

Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro - Pavia

  • Indirizzo: Piazza S. Pietro in Ciel d\’Oro, 2 27100 Pavia ITA

La Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro è uno dei più significativi monumenti religiosi medievali di Pavia. 
La chiesa, fondata nell’età dei longobardi, venne ricostruita tra il 1117 e il 1132, secondo lo stile romanico e nuovamente consacrata sotto papa Innocenzo II. 
La facciata è a capanna caratterizzata da laterizi e pietra arenaria; la fronte è tripartita mediante contrafforti e si articola su due livelli.
Al di sotto di una loggetta cieca e archetti intrecciati, vi sono diverse aperture: monofore, bifore e aperture ad occhio di bue, con profili in arenaria.
Entrando in chiesa, si scendono alcuni gradini che conducono nel nartece e, quindi, nello spazio delle tre navate.
Il soffitto a volta inizialmente doveva essere ligneo a cassettoni dorati – da cui la  denominazione “in Ciel d’Oro”; la navata centrale o maggiore, secondo i caratteri del romanico è larga circa il doppio rispetto alle navate laterali o minori; nella parte sinistra i capitelli che coronano i pilastri settentrionali sono originali.
Particolarmente interessante è l’arca marmorea di S. Agostino del 1362, posta sull’altare maggiore e sormontata da un affresco novecentesco che riprende il mosaico di Ciel d’oro distrutto nel corso del tempo. 
L’Arca di Sant’Agostino elaborata mediante un basamento, una cella e una cimasa, è il racconto della vita del santo filosofo realizzato mediante molteplici statue e bassorilievi. Sono oltre 150 le statue di angeli, santi e vescovi che “proteggono” le spoglie terrene del santo Padre della Chiesa, portate a Pavia dalla Sardegna dal re longobardo Liutprando nel secolo VIII. In occasione di questa traslazione, Liutprando fondò, vicino alla basilica, un cenobio di monaci che seguivano la regola di S. Colombano, dotandolo anche di cospicui beni, presto sostituiti dai Benedettini. Nel 744 Carlo Magno vi istituì una scuola di studi superiori di grammatica e retorica, inviando il monaco irlandese Dungallo ad insegnarvi. 
La fama della basilica fu molto grande già nel Medioevo, grazie al fatto di ospitare le salme di Sant’Agostino d’Ippona, di San Severino Boezio (nella cripta sottostante) e del re Liutprando (pilastro destro del presbiterio); per questo fu ricordata nel X canto del Paradiso da Dante, da Petrarca in Lettera del Petrarca a Giovanni Boccaccio in Seniles e da Boccaccio stesso nel Decamerone dove diviene la “quinta architettonica” della Novella IX, Giornata X.

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